L’ Insufficienza Cardiaca nelle sue varie forme
L’Insufficienza Cardiaca (Heart Failure, HF) o Scompenso Cardiaco è la principale causa di ospedalizzazione e una delle principali cause di morte nel mondo; in Italia colpisce circa 600.000 persone con una prevalenza di circa il 10% nei soggetti con più di 65 anni di età; le sue etiologie possono essere ricercate in una malattia cardiologica primitiva (come la cardiopatia ischemica, le valvulopatie o le cardiopatie specifiche del muscolo cardiaco) oppure in una patologia sistemica che interessi anche il cuore (ipertensione, malattie da accumulo, endocrinopatie, emopatie e altre); in base alla funzionalità della pompa cardiaca, che viene normalmente valutata come Frazione di Eiezione del ventricolo sinistro (VS EF), l’insufficienza cardiaca viene distinta in forme con EF marcatamente o moderatamente ridotta (HFrEF, HFmrEF), forme con EF normale (HFnEF) e una forma con EF preservata (HFpEF). Proprio questa ultima forma, oggi meglio conosciuta grazie a strumenti diagnostici e conoscenze biocellulari moderne, affligge circa il 50% di tutti i pazienti con insufficienza cardiaca e rappresenta un nemico tanto sfuggente quanto pericoloso e difficile da trattare, vediamo perché.
Quando e perché pensare alla presenza di una HFpEF
Una percentuale consistente dei pazienti che afferiscono negli ambulatori per eseguire un Ecocardiogramma basale transtoracico (ECOTT) o una visita cardiologica con Elettrocardiogramma (ECG), vi giunge su consiglio del medico curante o anche spontaneamente, spesso senza una storia vera e propria di malattia cardiaca, ma talora allegando sintomi anche sfumati come una modesta dispnea da sforzo o da decubito, una sensazione di stanchezza o debolezza (astenia) o anche una tosse stizzosa apparentemente senza cause; possono anche essere presenti all’esame obiettivo edemi declivi o segni di una modesta congestione polmonare; eseguendo un ECOTT è frequente trovare una EF normale o comunque superiore al 50% e alterazioni della struttura cardiaca talora lievi e di significato aspecifico (una lieve ipertrofia ventricolare o una lieve dilatazione delle camere atriali), mentre all’ECG possono essere presenti segni aspecifici spesso non considerati meritevoli di approfondimento; in questi casi, piuttosto che considerare il quadro cardiologico non rilevante e rimandare il paziente ad un follow-up nel tempo, è opportuno prendere in considerazione una possibile diagnosi di HFpEF.
Questa forma di insufficienza cardiaca, che si caratterizza proprio per una funzione sistolica del Vsx preservata ( EF >50%) con alterazioni strutturali cardiache a volte modeste , per sintomi tipici (spesso lievi) della insufficienza cardiaca e per segni clinici a volte assenti nelle fasi precoci, va quindi confermata con alcuni approfondimenti normalmente non eseguiti nei controlli cardiologici di routine; è bene sottolineare innanzitutto che in questi casi bisogna sempre integrare l’esecuzione di un ECO-TT con una visita cardiologica esaustiva ed un ECG, che eseguiti insieme potenziano sensibilmente l’accuratezza diagnostica; è inoltre necessario eseguire una valutazione Ecografica multiparametrica della funzione diastolica e di riempimento del ventricolo sinistro, anche mediante analisi spettrali come il TDI (Tissue Doppler Imaging), e contestualmente richiedere il dosaggio ematico del Peptide Natriuretico Tipo B (NT-proBNP, BNP) , che rappresenta il marcatore principale biochimico della insufficienza cardiaca; in presenza di sintomi e segni classici della insufficienza cardiaca, con alterazioni strutturali cardiache e/o della funzione diastolica e del riempimento del VS e con EF preservata, con valori del BNP alterati, è altamente verosimile che la diagnosi di HFpEF sia quella corretta; nel caso il cardiologo lo ritenesse utile è possibile procedere ad esami più approfonditi come una risonanza magnetica del cuore, una scintigrafia o altri esami ancora più selettivi per confermare la diagnosi e individuare con esattezza la causa della patologia cardiaca.
Una diagnosi precoce di questa forma di insufficienza cardiaca è fondamentale per diversi motivi; in primo luogo è spesso una spia di una cardiopatia strutturale in fase ancora iniziale e questo permette di intervenire con farmaci e metodi di cura adatti a modificarne sensibilmente l’evoluzione e quindi migliorare sia la qualità che l’aspettativa di vita della persona interessata; inoltre la ricerca delle cause determinanti queste anomalie strutturali e funzionali del cuore spesso permette di diagnosticare e curare una malattia sistemica che rimaneva del tutto ignorata, come ad esempio la amiloidosi, che viene spesso scoperta per il suo coinvolgimento cardiaco (nelle sue forme ad etiopatogenesi ematologica AL o biometabolica ATTR) e che se lasciata inosservata alla sua normale evoluzione può determinare esisti infausti anche con drammatica velocità; infine ricordiamo come tra le patologie in grado di determinare una HFpRF si annoverino alcune molto comuni come l’ipertensione, le malattie della tiroide, il diabete o anche casi di utilizzo di particolari farmaci come chemioterapici e farmaci biologici, per i quali la comparsa di un danno cardiaco richiama la necessità tempestiva di riconsiderarne i protocolli terapeutici.
Le nuove raccomandazioni per trattare la HFpEF
Per queste forme di insufficienza cardiaca non esistono molti farmaci di prima indicazione (Classe I terapeutica con effetti significativi sulla condizione patologica) a disposizione del cardiologo, a differenza di quanto accade per le forme con EF ridotta; infatti pur avendo recentemente la European Society of Cardiology (ESC) aggiunto in Classe I una categoria di farmaci di nuovo impiego come gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio tipo 2 (gli inibitori SGLT2), non abbiamo oltre i diuretici farmaci davvero efficaci per combatterne i sintomi e le alterazioni emodinamiche; è proprio la ESC che sottolinea, ponendo la raccomandazione sempre in Classe I di importanza, come sia fondamentale individuarne la causa scatenante (ipertensione inveterata e mal controllata, una valvulopatia, una miocardiopatia, una malattia da accumulo per disturbi metabolici o ematologici come l’Amiloidosi o altre) e instaurare una terapia specifica per il disturbo che ne è alla base.
E’ quindi molto importante diagnosticarne la presenza e la causa precocemente, per ritardare i danni cardiocircolatori progressivi che spesso derivano da una forma passata inosservata o misconosciuta, oltre che per scongiurare che la persona che ne soffre venga costretta in maniera frequente a cure mediche sempre più intensive e meno efficaci; in conclusione le forme di HFpEF rappresentano una percentuale importante di tutti i casi di insufficienza cardiaca e costituiscono a volte una diagnosi complessa da inquadrare, oltre che un argomento di grande interesse e attenzione per la ricerca e la clinica cardiologica; rappresentano una problematica talora sottovalutata ma molto importante da riconoscere, sia perché in grado di incidere in maniera ragguardevole sulla morbilità e sulla mortalità delle persone che ne sono affette, sia perché a volte sono il segno di una malattia che interessa altri organi oltre il cuore e che quindi va diagnosticata con tempestività e accuratezza, al fine di evitare che la persona vada incontro a danni organici complessi e spesso irreversibili.
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